Il treno dei ferrovieri

Venerdì, anche questa mattina, si parte col primo treno da Imola, quello delle 4.57, non sono più abituata a fare questi orari, per troppo tempo la casualità mi ha regalato turni pomeridiani e a parte qualche eccezione stavo dimenticando il peso di ripetute alzate notturne. 
Per il terzo giorno trovo le strade vuote e i semafori lampeggianti, per il terzo giorno la barista non mi chiede neanche cosa voglio, ma direttamente se lo voglio “da portare via”, per il terzo giorno ritrovo gli stessi volti sul binario, ogni giorni più stanchi. 

Per lo più vedo delle divise, si parla di treni, di sport, di auto, di biciclette e ancora di treni, il “tu che treno fai? A che ora finisci?” viene ancora prima del “come va? come stai?” a volte, addirittura lo sostituisce lasciandolo solo come significato implicito. 

E poi arriva il treno, e diligentemente come un bravo gregge confluiamo nella prima classe, dove altri ferrovieri si sono piazzati prima di noi. Alcuni sono già impegnati in chissà quali discussioni entusiastiche mentre altri sonnecchiano quasi sdraiati, poggiando solo sull’estremità del sedile, risucchiati dai giubotti,  premendo le ginocchia contro al trolley strategicamente sistemato per non scivolare oltre.

Poi passa il capotreno, chiaramente lo conosco, ma non è chi mi aspettavo che fosse, di solito a quest’ora anche il  capotreno è sempre lo stesso, i capelli brizzolati, la pinza in mano, passa, ha una battuta per ognuno, un’aria bonaria dietro agli occhiali perfettamente in tinta con la cravatta.

Sono ormai undici anni che prendo questi treni, ma solo ultimamente i volti di questi colleghi si sono caricati di famigliarità, per anni il sonno ha prevalso sulla voglia di osservare o socializzare nelle ore notturne, deve essere in questo modo che non mi sono mai accorta della ripetitività degli incontri. Tutte queste divise che ora saluto e con le quali mi fermo volentieri a scambiare qualche chiacchera fanno parte di una quotidianità che inizia davvero a piacermi, come se linee evanescenti e sagome anonime che hanno assistito involontariamente per anni alle mie dormite, alle mie corse per non perdere il treno, alle mie clamorose cadute e peripezie, ai miei risvegli trafelati e angosciati in prossimità delle fermate, iniziassero ad essere più definite, come quando i tuoi occhi faticosamente mettono a fuoco ciò che hanno intorno uscendo lentamente dal torpore del sonno. 

2 risposte a "Il treno dei ferrovieri"

  1. Cambiano i soggetti, ma le sensazioni e le abitudini non sono poi così diverse. A conferma che in fondo siamo spesso facce della stessa medaglia. Personalmente il sonno continua ancora a prevalere nelle ore mattutine e sarà per questo che dopo 5 anni di pendolarismo la conoscenza degli altri pendolari è davvero limitata. Peccato, sono sicura di perdermi storie e incontri interessanti, ma la mia sopravvivenza fisica e psicologica ancora prevale! Grazie per averci aperto le porte al mondo dei ferrovieri pendolari! 🙂

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